Il riferimento è l’Olanda, anche se gli autori appartengono a quel nomadismo internazionale che rende varia la creatività artistica, che può attingere a diversificate fonti: Paula Kouwenhoven di Deft, Dodog Soeseno, indonesiano (vive parte dell’anno in Olanda), Masahide Kudo, giapponese (vive a Yokohama). Insieme hanno costruito una ricerca che prende titolo dalle Costellazioni di mezzanotte (e il riferimento ai segni astrali per spiegare terrene ragioni appartiene anch’esso alla storia della cultura, europea e orientale).
Lo sguardo al cielo è ad un tempo un rinvio capovolto alla realtà quotidiana e una visione spirituale; le stelle del cielo sono un riferimento, ma anche i possibili indicatori di rinnovati cammini: sono queste le spinte che probabilmente hanno mosso i tre artisti, ognuno con un suo linguaggio specifico, ad organizzare una mostra itinerante (in varie nazioni europee) avente il medesimo tema, anche se non le stesse opere, che variano a seconda dello spazio d’accoglienza.
Nel centro gardonese di LuPier, la mostra è articolata su opere di piccolo formato, costruite su una gestualità che ha differenti esiti: così Paula sembra co-stringersi in una gestualità che si esalta attraverso le cromìe; il segno insistito, ripetuto, trascrive una sorta di vitalità interiore, che diviene materia, energia, come se il flusso istintivo che conduce alla costellazione guidasse anche compositivamente la mano dell’artista.
Su un diverso piano, il giapponese Kudo si direbbe voler ripercorrere il segno di scrittura del mondo giapponese; emerge sulla superficie un segno liberato, quasi monocorde nelle cromìe e sprizzante inquietudini interiori che si leggono nei varchi, nel flusso della mano, nell’intreccio a volte fitto fitto, a volte rado, quasi un riposo della mano e della mente; la superficie è un supporto al gesto, non teso all’automatismo surreale, ma guidato da una storia profonda che viene da una straordinaria tradizione, fino a raggiungere una libertà che giunge ai segni astratti di una mano educata.
Infine, l’indonesiano Dodog muove le forme-figure in spazi neutri, a volte leggeri e lievi come petali, in altri casi caratterizzati da una presenza persistente, una sorta di sedimentazione dadaista di oggetti e immagini quotidiane, che attraversano lo spazio d’esistenza.
Mauro Corradini da Brescia Oggi del 2 dicembre 2010